Una fusione che è più della somma delle parti: è un’integrazione di mission, prima che di procedure. Andrea Battisti, CEO di ARECneprix, racconta la nascita della nuova società, avvenuta a gennaio, e lo fa partendo dal contesto di mercato.  

“Quello italiano è mediamente maturo – afferma il manager - con il 50% delle masse che fa capo ai primi cinque operatori e il 75% ai primi dieci”. Anche i ricavi del settore, sempre in positivo in doppia cifra per un decennio, stanno subendo un rallentamento: nel 2022 la crescita è stata del 9%, mentre quella attesa per il 2023 si aggira attorno al 4%. “Un altro sintomo – argomenta Battisti - Se aggiungiamo che le banche ormai hanno un npl ratio sotto controllo, non si intravede la necessità di un derisking tale da comportare nuovi flussi importanti. In questo contesto, è naturale per i grandi operatori guardare alle aggregazioni e alle partnership”.  

La standardizzazione europea dei tracciati facilita il processo, anche quello di una eventuale espansione oltreconfine delle attività degli operatori più grandi. Con qualche condizionalità, sottolinea il CEO: “Bisogna ricordare che il mercato della gestione del credito distressed presenta verticalità molto specifiche dovute alla giurisprudenza nazionale, in particolare quando il recupero si fa giudiziale”. 

Specifica poi Battisti che “Altre forme e razionali di aggregazione tra operatori sono invece guidate dalla ricerca della specializzazione, come quella tra neprix e AREC”.  

Due pezzi di un puzzle 

Da parte sua, se dovesse raccontare il percorso che ha unito Arec e neprix, il general manager Marco Raccah non avrebbe dubbi: “Siamo due pezzi di un puzzle andati a unirsi. Da una parte, troviamo la capacità di neprix di lavorare sui crediti e su grandi masse di dati partendo da una profonda conoscenza del digitale; dall’altra, quella di Arec di analizzare e gestire gli asset in maniera sartoriale. Il tutto sotto l’ombrello di illimity, la banca fondata da Corrado Passera che consente a entrambe di dispiegare al meglio il proprio potenziale”.  

Una lunga esperienza internazionale che lo ha condotto a operare in Cina, Inghilterra, Israele, Raccah è stato un pioniere della valorizzazione immobiliare. “Credo che il nostro ruolo di servicer ci porti ad avere una sorta di responsabilità sociale nei confronti del sistema economico” riflette. “Con una gestione dei crediti che punta semplicemente a liquidare gli asset sottostanti per estrapolarne il massimo valore di mercato si può innescare un meccanismo che nuoce a tutto l’indotto che attorno a quell’asset ruota. Il nostro approccio è diverso. Cerchiamo di creare più valore per tutti facendo ricorso a competenze specialistiche maturate nel corso degli anni in contesti internazionali, perché, alla fine del processo, tutti si trovino in una condizione migliore.  

Contaminazione tra modelli 

La fusione con neprix, riprende Raccah, “consente di portare a livello industriale l’approccio tipicamente sartoriale che ha sempre caratterizzato Arec. “Parliamo di una contaminazione tra modelli – conferma Battisti -  Il ticket medio di Arec era molto alto, attorno ai trenta milioni, e si univa a una verticalità consolidata e specifica sul real estate valorizzativo. Grazie alla fusione, possiamo portare anche su tagli più bassi, dai cinquecentomila euro al milione, riuscendo a contenere i costi e a estrarre tutto il valore che un approccio estremamente centrato sul cliente è in grado di dare”.  

Come in ogni processo di fusione, contano le persone. “In ARECneprix legali e asset manager lavorano seduti allo stesso tavolo” afferma Raccah. “La mia più grande soddisfazione?  Quando mi sono accorto che la squadra degli avvocati ha iniziato a comprendere i fogli Excel su cui lavorano gli ingegneri. Un team come il nostro deve essere integrato ai massimi livelli, e questo obiettivo si può raggiungere solo con un lavoro quotidiano di diverse professionalità assieme”.