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Proptech italiano: aumentano le startup che vogliono innovare il real estate

Data analytics, data science, artificial intelligence e machine learning: sono le tecnologie più utilizzate dalle aziende che stanno portando innovazione in uno dei settori più lenti a lasciarsi coinvolgere dal cambiamento, quello del real estate. È quanto emerge dal monitoraggio 2023 realizzato da Italian Proptech Network in collaborazione con ARECneprix. Il rapporto, in generale, evidenzia una crescita nell’utilizzo delle tecnologie da parte delle imprese del comparto mentrea gli ultimi posti ci sono innovazione dei materiali, sistemi robotici e stampa 3d.

I numeri

Sono 337 le aziende mappate dal monitoraggio di Italian Proptech Network, in crescita del 19% rispetto al 2022, e circa otto volte il numero di quelle censite nel 2018, quando erano solo 43. Un ecosistema vitale, soprattutto al Nord (61% del totale), contro il 16% dislocato al Centro e il 5% al Sud. Nel rapporto trova posto anche un 18% basato all’estero, ma costituito da realtà avviate da fondatori italiani. La parte del leone la fa Milano, con il capoluogo lombardo che assomma il 35% delle aziende censite, ben 117. Più dell’80% hanno meno di venti dipendenti: il 42%, addirittura, ne conta meno di cinque. Migliorabile la presenza femminile: solo il 33%, contro il 67% di uomini. Quanto all’età, il 67% dei dipendenti appartiene alla coorte dei Millennials, che include i nati tra l’inizio degli anni ’80 e la metà degli anni Novanta.

 

L’analisi economica

Scavando più a fondo nei dati economici, la rilevazione mostra come il 29% delle imprese censite è attiva nel cluster del real estate fintech, il 28% in quello dei servizi professionali, il 18% nella sharing economy, il 15% nello smart real estate e solo il 10% nel contech, ritenuto il più duro e restìo all’innovazione: si tratta della construction technology, in poche parole tutto quanto ruota attorno ai cantieri. Forse uno degli ultimi baluardi in cui il fattore umano continua a fare la differenza. Ma anche, e proprio per questo, un territorio in buona parte inesplorato per chi fa innovazione, in cui è possibile trovare nicchie interessanti per crescere. Un aiuto a chi costruisce fisicamente gli edifici può arrivare dagli ultimi ritrovati in termini di misurazione o, per esempio, di sicurezza sul lavoro. “Nel cluster del contech siamo praticamente a zero” sottolinea Andrea Ciaramella, professore associato di Tecnologia dell’architettura al Politecnico e coordinatore dello studio di Italian Proptech Network. “C’è una propensione bassissima alla digitalizzazione. La tecnologia in effetti è già disponibile, ma bisogna saperla usare e il mondo delle costruzioni è piuttosto restìo a farlo”. “Ma il contech è in grado di aumentare, e di molto, produttività e sostenibilità delle imprese edili” aggiunge Daniele Levi Formiggini, Head of Real Estate Services di ARECneprix.

“Un aspetto interessante” riprende Ciaramella, è che una buona porzione delle aziende censite si trova in fase pre-seed o seed, cioè negli gli stadi iniziali di sviluppo del business”. Significa, spiega il docente, che c’è fermento, entusiasmo, anche se la prova del mercato non è ancora stata superata: come accade a tutte le startup, la mortalità in questa stagione della vita di impresa è infatti, elevata. Si tratta, in pratica, di validare il proprio modello di business: il 92% ha dovuto modificarlo rispetto agli inizi prima di prendere l’ascensore per il successo.

 

Il 44% delle imprese monitorate opera nel campo del facility management, il 39% dell’asset management; una su quattro include, tra le attività aziendali, il planning, cioè la gestione digitale del progetto e delle risorse impiegate.

Se il numero di aziende proptech è in crescita, riprende Ciaramella, è in leggera diminuzione, invece, il numero di round di finanziamento, sia nella fase early growth sia in quella growth. “Tutto il settore” sottolinea il docente “è in via di consolidamento, ma ancora agli stadi iniziali: si evince, comunque, un’elevata flessibilità e adattabilità nelle forme di finanziamento”, con il 50% delle aziende supportato da imprenditori e gruppi industriali, il 33% da business angel, il 19% da investitori istituzionali e il 17% da venture capital.

Interessante il fatto che circa il 60% delle proptech,tre su cinque, dichiara di aver riscontrato criticità di natura legale. Tra queste, il 19% parla di mancanza di normative, il 17% di problemi legati alla proprietà intellettuale, il 14% di problemi legati all’ambito degli aumenti di capitale. Solo l’11% fa riferimento, invece, all’ambito amministrativo.

 

Le considerazioni conclusive

“Le proptech italiane di solito nascono da soci giovani che hanno trovato una soluzione tech interessante – conclude Ciaramella -.  Buona parte di loro ha una formazione tecnica nel campo dell’informatica; notiamo, però, che molti non conoscono i meccanismi che governano il settore del real estate, e quando cominciano a vendere i propri prodotti incontrano condizioni molto diverse da quelle che si aspettavano. Agli eventi che organizziamo questo aspetto è evidente: ci si concentra troppo su algoritmi e tool, mentre serve una visione completa del mercato cui ci si rivolge. I partner industriali spesso provengono da settori lontani; ci auguriamo, quindi, che in futuro il real estate si avvicini di più al proptech, anche con interventi volti a favorire l’incontro tra domanda e offerta di innovazione”.

 “ Tradizionalmente gli investitori nel settore immobiliare sono stati poco propensi a investire in innovazione tecnologica e in ricerca e sviluppo ” aggiunge Daniele Levi Formiggini, Head of Real Estate Services di ARECneprix. “Tuttavia, la situazione sta gradualmente cambiando con l'aumento della consapevolezza dei benefici che il Proptech può offrire in termini anche di efficienza operativa. Sempre più operatori iniziano a riconoscere il valore dell'innovazione in questo settore e ad esplorare le opportunità che ne possono derivare.”.

Per aggiornare i professionisti del settore, Italian Proptech Network ha organizzato un corso executive basato su una forte connotazione pratica. “Le lezioni si svolgeranno tra giugno e luglio al Politecnico di Milano e si concentreranno su casi di business”, afferma Ciaramella, “perché riteniamo sia il metodo più efficace per comprendere questo mercato”. L’approccio sarà basato sull’analisi dei dati.  Sei moduli tematici, con esperti e dirigenti dal curriculum internazionale a far lezione interagendo con gli studenti. Proprio a questo riguardo, sottolinea Ciaramella, “non ritengo l’Italia particolarmente indietro. All’estero si è senz’altro cominciato prima, ma a Londra, alla più grande fiera di settore al mondo, ho avuto la conferma che il divario è più che recuperabile. Quello che fa difetto al nostro Paese è la consapevolezza dell’ecosistema”.

 

 

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